L’attesa della sentenza era stata quasi febbrile, nelle notti a tratti insonni del Quirinale. Poi finalmente la svolta. Si, la sentenza era quella annunciata. I lunghi anni passati a Palermo da commissario della Dc siciliana gli avevano garantito relazioni in grado di tutto sapere e tutto prevedere. Ora toccava a lui muovere, scoprire lo scenario minuziosamente studiato. La sentenza di Palermo rendeva impraticabile alleanze con i mafiosi collusi e condannati, certo. Suonava l’ora di un Governo dell’Onestà, di un Governo dell’ Antimafia.
Perciò avrebbe convocato il brav’uomo, incaricandolo di ascoltare Leu, Pd e 5 Stelle. Quello avrebbe fatto un po’ di spola in autobus fra Montecitorio e Quirinale, poi sarebbe tornato a dirgli che lui no, non poteva anche perché era leale con Gigino e gli 11 milioni di voti, però…. E in quel però c’era tutto. Però almeno in linea di principio uno spiraglio c’era. Il Pd non poteva entrare in un governo di Gigino, però…I 5 Stelle non avrebbero mai fatto un passo indietro per un governo guidato da un politico di altro partito, però… Però lui l’asso nella manica lo aveva eccome. Sopra i tre partiti della coalizione (Leu, Pd e 5 Stelle) a guidare il governo sarebbe stato chiamato il quarto : quello con meno voti e più potere. Il Partito dei Giudici.
Davvero, la guida del governo in questo quadro sarebbe divenuto un dettaglio del tutto marginale. Già erano pronti un Cantone, almeno tre presidenti di Cassazione, per non parlare dei professoroni sempre disposti ad accollarsi il gravoso incarico per fare opera di Onestà . Il resto del lavoro sarebbe spettato agli uomini dei partiti. Tutta la Sinistra Dc con i suoi abati e badesse – dai Del Rio ai Franceschini alle antiche e nuove Bindi – avrebbe intonato il rosario da sempre snocciolato nella prima e seconda Repubblica: non lo fo per piacer mio ma per far piacere a Dio. Loro avrebbero convinto i residui renziani che o si mangiava quella minestra o lor signori sarebbero tornati a casa , senza candidatura perché le candidature ora le avrebbero fatte altri. Meno faticoso il da farsi tra 5 Stelle e Leu: la sola idea di un governo di quasi legislatura appariva loro un regalo insperato.
E gli altri? Affari loro. Affari di collusi e di Mediaset, di interessi e di aziende, roba losca. Inerti, muti, sempre a cercare accordi sottobanco per i loro fatti personali, quella sentenza se l’erano quasi cercata. Affari loro: il Paese voleva Onestà. Perciò premette l’interfono bianco che lo collegava alla sua segreteria e scandì deciso: “Convocate al Quirinale l’Onorevole Fico”.